Una maschera in viso e una tazza di tisana in mano.
Sorriso rilassato, coperta morbida, lucine accese.
Se cerchi “self-care” online, questo è il tipo di immagine che trovi. Ma se vivi giornate dense, fatte di lavoro, casa, incastri e stanchezza cronica, sai bene che questa visione è più frustrazione che ispirazione.
Allora: cosa vuol dire davvero prendersi cura di sé, quando il tempo è poco e la testa piena?
In questo articolo proviamo a rispondere. Niente promesse miracolose, solo una rilettura più realistica e gentile del self-care.
Il mito del self-care estetico
Quando prendersi cura sembra un altro dovere
Negli ultimi anni, il concetto di self-care è stato confezionato come un rituale estetico: candele, skincare, bagno caldo, journaling. Tutto bellissimo, per carità. Ma anche molto spesso impossibile.
La verità è che per molte persone, soprattutto donne, il tempo per sé è un ritaglio, non una giornata intera.
E quando il self-care diventa una checklist di cose “giuste” da fare, finisce per diventare solo un altro motivo per sentirsi in colpa.
Non è self-care se ti lascia più stanca, frustrata o giudicata di prima.
Una definizione più utile di cura
Il self-care come micro-scelta
Prendersi cura di sé, nel concreto, può voler dire cose molto diverse da un giorno all’altro.
A volte è:
- Rimandare una risposta finché non hai le energie
- Mangiare qualcosa di caldo anche se non è “fit”
- Chiedere aiuto senza sentirti debole
- Spegnere tutto e stare in silenzio per tre minuti
- Dire no a qualcosa anche se “ci tenevi”
Non serve fare tutto. Serve fare spazio, anche piccolo, a ciò che ti sostiene, non a ciò che “dovresti”.
Il self-care come manutenzione, non ricompensa
Un errore comune è vivere la cura di sé come un premio finale: “Quando avrò fatto tutto, mi rilasso”.
Ma così facendo, quel momento non arriva mai.
La cura autentica è manutenzione: piccoli gesti quotidiani che ti aiutano a non perdere contatto con te stessa. Anche se durano poco. Anche se nessuno li vede (e forse anche meglio).
Come praticare un self-care realistico
Osserva i segnali deboli
Spesso aspettiamo il burnout per fermarci. Invece il self-care vero comincia prima.
Un esercizio utile: nota ogni giorno un piccolo segnale che ti dice che stai “andando lunga”.
Potrebbe essere:
- Ti senti irritabile senza motivo
- Inizi mille cose e non ne concludi nessuna
- Ti dimentichi di bere o mangiare
- Hai la testa piena ma il corpo immobile
Osservare questi segnali ti permette di intervenire con più dolcezza. Non devi “risolvere tutto”: puoi solo ascoltarti un po’ prima.
Crea un tuo micro-rituale (senza pressioni)
Il self-care non deve essere instagrammabile. Deve essere tangibile.
Può essere un’azione ripetuta, anche minuscola, che ti riporta a te. Alcuni esempi:
- Svegliarti 5 minuti prima solo per respirare in silenzio
- Tenere una tazza calda in mano e restare ferma
- Scrivere una frase al giorno che ti riconnette (es: “oggi scelgo lentezza”)
- Chiudere gli occhi e stiracchiarti prima di iniziare a lavorare
Non serve che funzioni per sempre. Basta che funzioni per te, oggi.
In 91 Passi, uno dei temi centrali è proprio questo: allenare uno sguardo diverso sul tempo per sé. Non tempo perfetto, ma tempo possibile.
La cura vera non ha una forma sola
Meglio poco ma spesso

La cosa più importante da ricordare?
Il self-care non è un momento da “organizzare”, ma un atteggiamento da allenare.
Non serve farlo bene. Serve ricordarti, il più spesso possibile, che anche tu meriti attenzione. Anche se hai poco tempo. Anche se sei stanca. Anche se nessuno te lo chiede.
Se ti risuona questa visione della cura – concreta, flessibile, gentile – in 91 Passi trovi spunti pratici per coltivarla nel quotidiano, senza dover stravolgere la tua vita.
Un passo alla volta, come si fa con le cose che contano davvero.
Se ti va, lo trovi qui.